Dal rapporto amore odio con Roma, città in cui è nato e cresciuto, alla Street Art che porta in giro per il mondo. Marco Rea si è raccontato a CONNECTIONMAG. in un’intervista che mette in luce la sua attività artistica, anche attraverso importanti collaborazioni.

Ciao Marco, sei nato a Roma e hai svolto qui i tuoi studi. In che modo questa città ha influenzato il tuo percorso professionale?
Roma fa schifo. Fa schifo ma la amo! Se sei un turista Roma è una città unica, una delle più belle al mondo, ma viverci è diverso. Chi nasce a Roma se la porta addosso come una cicatrice.
Sono nato e cresciuto nella periferia romana, la mia Roma… invivibile, sporca, incivile, c’è tanto smog e un traffico che ti porta all’esaurimento, una città tutt’altro che a misura d’uomo.
Quella con Roma è una storia d’amore malata, come quando si ama una persona che non ricambia, ogni giorno pensi “basta la lascio, non può continuare così” ma quando meno te lo aspetti ti bacia e allora capisci che non puoi farne a meno.
E tutto questo sicuramente in qualche modo ispira e influenza la mia arte.
Quando e come hai capito di voler fare dell’arte il tuo mestiere?
La creatività ha sempre fatto parte della mia vita, fin da piccolo.
Ho sempre avuto la certezza di seguire un percorso di studi artistico. Mi sono diplomato al liceo artistico, ho studiato presso la Scuola Romana di Fumetti e mi sono laureato in Arte contemporanea. Inoltre ho fatto graffiti per più di 10 anni. L’arte è sempre stata la mia più grande passione e ha sempre fatto parte di me.
Ho capito che sarebbe stato il mio mestiere quando ho iniziato a pagare il commercialista.


Le tue opere hanno catturato l’attenzione di celebrità e personalità del settore moda, e vanti una collaborazione con il fotografo Nick Knight per SHOWstudio. Ci racconti com’è nata la collaborazione e cosa ha rappresentato per te?
Nick Knight è uno dei fotografi di moda più importanti al mondo e fondatore di SHOWstudio. Ha lavorato con artisti come David Bowie, Lady Gaga, Bjork e tantissimi altri.
Ricordo che alcuni anni fa nel periodo di Natale ricevetti una sua mail nella quale mi diceva che apprezzava il mio lavoro e che addirittura gli era stato di ispirazione: non potevo crederci! Poco dopo mi invitò ad esporre nella sua galleria a Londra e da lì in poi iniziò una costante collaborazione che dura ancora oggi.
Grazie a lui ho potuto realizzare opere per la Fashion week e collaborare con personalità come Kate Moss e Chloe Sevigny. Sono davvero fiero di essere un artista del suo team.
Nelle tue opere le immagini prendono forma attraverso un insieme di grovigli. Ci spieghi che tecnica utilizzi e come l’hai elaborata?
Per molti anni ho realizzato opere molto diverse dalle attuali, poi durante il lock down del 2020 ero bloccato a casa, impossibilitato a raggiungere il mio studio, ma sentivo un forte bisogno di creare e buttare fuori ciò che avevo dentro e ho iniziato a disegnare con i pochi mezzi che avevo a disposizione: penne, fogli e amuchina.
In quel periodo sono nati i grovigli, sicuramente derivati dai quei grovigli di emozioni che avevo dentro in quei giorni. Scarabocchi senza forma ma che lentamente hanno iniziato a trovare un loro equilibrio e una forma e da quel momento sono nati i primi volti.
Successivamente hanno preso vita anche in strada, liberi di uscire proprio come siamo tornati liberi di uscire anche noi. La tecnica che utilizzo principalmente è lo stencil.

La tua Street Art ha fatto il giro di tutto il mondo, ma cosa apprezzi maggiormente del fare arte in strada?
Le mie opere sono state esposte in diverse gallerie europee, americane, giapponesi, mentre i miei lavori su muro per ora sono solo in Italia ed a New York.
Solitamente per ogni soggetto realizzo due gemelle: un quadro che creo in studio e che verrà acquistato da un solo collezionista e un’opera uguale su muro, in strada, che appartiene a chiunque le doni il proprio sguardo e la propria attenzione.
Questa è la cosa che più amo del fare Street art, che può arrivare a chiunque abbia la sensibilità per notarla e magari apprezzarla senza nessun limite di età, ceto sociale, genere o razza.
A marzo 2022 hai avuto l’occasione di esporre le tue opere in una mostra personale intitolata “Specchi di Carta”. Qual era l’idea alla base delle opere esposte?
Nel 2022 ho fatto due mostre personali, la prima “Specchi di carta” presso la galleria Rosso20sette e la seconda “I’ll be your mirror” presso la galleria NOA.
Ovviamente la base comune è lo specchio, elemento che torna in modo latente nelle mie opere.
Davanti lo specchio è l’unico momento in cui possiamo vedere noi stessi, e spesso allo specchio ci scrutiamo, ci indaghiamo, non solo fisicamente ma anche e soprattutto psicologicamente. Ed è proprio così che immagino i soggetti delle mie opere, in solitudine mentre si osservano, si analizzano, si cercano e, allo stesso modo, è anche un modo per riflettere su me stesso.


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