Nell’anniversario della sua nascita, celebriamo la vita e le opere di una delle donne più influenti nel mondo della scienza e della fisica, Marie Curie, una donna che ha dedicato tutta la sua vita alla ricerca della verità e che oggi è nota come “la madre della fisica moderna”.

Maria Salomea Skłodowska fu una chimica, una fisica e una matematica polacca naturalizzata francese, la prima donna in assoluto a vincere un premio Nobel e la sola persona ad averne vinti due in diversi campi.
Vinse il primo nel campo della fisica per i suoi studi sulle radiazioni, condotti con il marito; nel 1911, invece, venne insignita del premio Nobel per la fisica grazie alla scoperta del radio e del polonio, nome scelto in onore del suo paese natale.
Curie crebbe nella Polonia russa in cui alle donne non era concesso studiare, per questo si trasferì a Parigi nel 1891 dove si laureò in Fisica e Matematica alla Sorbona grazie a un “patto tra dame”, che la donna aveva stretto con sua sorella e con il quale si erano impegnate rispettivamente a pagare gli studi dell’altra.
Inizio carriera
Marie iniziò la sua carriera come scienziata nel 1894 dedicandosi a una ricerca sulle proprietà magnetiche di diversi materiali. In quello stesso anno conobbe Pierre Curie, uno studioso della radioattività, con il quale coltivò una profonda amicizia basata sulla dedizione e la passione comune per la scienza. Fu proprio quest’ultima che, alla fine, li unì in matrimonio.
Fu nel dicembre del 1897 che iniziò i suoi studi sulle sostanze radioattive, i quali caratterizzeranno per sempre la sua attività di ricerca.
Nel 1898, i coniugi pubblicarono un primo articolo in cui annunciavano la scoperta del “polonio” e, successivamente, un secondo pezzo che comunicava l’esistenza del “radio”. In questo periodo venne introdotta la parola “radioattività”.

Dopo la morte del marito le venne concessa la cattedra di fisica alla Sorbona, divenendo quindi la prima donna ad insegnare nel prestigioso ateneo. Marie colse questa grande opportunità nella speranza di riuscire a creare un laboratorio di fama mondiale in onore di Pierre. Tra il 1906 e il 1934 l’università ammise 45 donne senza applicare le restrizioni di genere vigenti fino a quel momento.
Nel 1919, le ricerche di Marie rivelarono la possibilità di isolare un grammo di radio per calcolarne il peso atomico: 225, 93. Per questa scoperta senza precedenti vinse il Nobel per la fisica nel 1920, «in riconoscimento dei suoi servizi all’avanzamento della chimica tramite la scoperta del radio e del polonio, dall’isolamento del radio e dallo studio della natura e dei componenti di questo notevole elemento».
Per poter portare avanti i suoi esperimenti, la donna si espose a un’incalcolabile quantità di radiazioni, tant’è che gli appunti risalenti a quel periodo sono oggi conservati in teche foderate di piombo, perché considerati troppo pericolosi per essere maneggiati.
Gli ultimi anni
Negli ultimi anni della sua vita fu colpita da una grave forma di anemia aplastica, un disturbo per il quale il midollo non produce un numero sufficiente di nuove cellule, contratta a causa della prolungata esposizione alle radiazioni di cui, all’epoca, si ignorava la pericolosità. Nemmeno da morta si liberò del loro effetto. Ecco perché il suo corpo fu deposto in una bara foderata di lamine di piombo spesse circa un pollice. Marie e Pierre Curie sono sepolti nel Pantheon di Parigi.
L’eredità di Marie Curie attraverserà i decenni a venire: anche la sua primogenita, Irène Joliot-Curie, vincerà il Nobel per la chimica mentre la nipote Hélène Langevin-Joliot è oggi professoressa di fisica nucleare all’Università di Parigi.
Anche da sposata, la Curie non rinunciò mai del tutto al suo cognome e, a differenza delle altre donne del suo tempo, non cercava la realizzazione nel matrimonio o nella maternità, ma in sé stessa e nella scienza, passione che condivideva con il consorte.
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